In più appuntamenti precedenti ho accennato diverse volte genericamente all’utilizzo della plastica senza mai entrare nello specifico dell’argomento, quindi oggi tratterò l’argomento plastica spiegando brevemente cos’è, com’è nata, come si crea, quali tipologie esistono, e in che modo è entrata comunemente nelle nostre case come contenitore per acqua.
Anzitutto, la plastica è un materiale creato dall’uomo dalla lavorazione del petrolio. Per produrla è necessario l’utilizzo di acqua, petrolio e metano. Si applica un processo chimico, scoperto nel 1835, chiamato polimerizzazione degli idrocarburi cioè composti da Carbonio e Idrogeno. Tutte le scoperte riguardanti la plastica partono da qui. Dal 1900 in poi è stata una evoluzione innovativa continua, portando alla nascita del PVC, del moplen, del PET e tutte le altre plastiche. Attualmente le plastiche di dividono in 7 tipi e le descrivo brevemente qui sotto :
1 PET (Polietilene Teraftalato), plastica monouso, densità maggiore dell’acqua. Esempio di PET: bottiglie di plastica.
2 HDPE/HDP (Polietilene ad alta densità): plastica che galleggia, ritenuta più sicura. Esempio: contenitori dei detersivi.
3 PVC (Cloruro di Polivinile) usata per le vaschette trasparenti per il confezionamento dei cibi.
4. PE-LD (Polietilene a bassa intensità) usato nei bicchieri dei distributori automatici (ne ho visti a migliaia di questi!), galleggia.
5 PP (polipropilene), galleggia ma è difficile da riciclare. Esempio: bacinelle, scolapasta e shaker.
6 PS (polistirolo) usato per imballaggi alimentari e non, facilmente dispersivo.
7 altre plastiche, sono composte da BPA (Bisfenolo A).Questo tipo ti plastica NON è RICICLABILE e dunque è pensato per un uso prolungato.
Di solito troviamo il simbolo del riciclaggio con il numeretto corrispondente o/e le diciture appena citate. Ad esempio io ho una borraccia con simbolo di riciclaggio 7, ma è anche BPA free, cioè non è presente il Bisfenolo A. Per chi non lo sapesse il BPA è una composto organico, che ha diverse controversie in ambito di salute umana: ci sono diversi studi che lo collegano a disturbi dell’apparato endocrino e ormonale. Ho acquistato questa borraccia per tenerla a lungo e evitare altri acquisti usa e getta. Spero che mi duri a lungo!
Guardando questa lista di varie tipologie di plastiche, la bottiglia di plastica è nella maggior parte dei casi PET. Questi numeri che vanno da 1 a 7 corrispondono al tipo di plastica. A volte si possono leggere altri numeri sul fondo della bottiglia e voglio quindi sfatare un mito su questi numeri: essi non corrispondono alla quantità di volte che si può riutilizzare la bottiglia di plastica; infatti ho chiamato un’azienda di acque minerali in bottiglia di plastica per chiedere ulteriori informazioni a riguardo, e mi hanno detto che corrisponde semplicemente ad un numero seriale di produzione. Mi dispiace deludervi nel caso in cui abbiate creduto a questo fatto… l’ho creduto anch’io! Il PET è pensato per il monouso e ora che lo sapete, siete responsabili delle vostre scelte.
Ma vediamo di capire meglio gli aspetti legati alla bottiglia di plastica. In che modo è nato il concetto di acqua in bottiglia? E quando la plastica è entrata come alternativa?
Il primo caso di acqua venduta in bottiglia è stato riscontrato a Boston nel 1760 circa dalla società Jackson’s Spa che promuoveva l’acqua per uso terapeutico. Ovviamente non aveva nulla di terapeutico. Magari come ci viene testimoniato da Saratoga City era soltanto un’acqua minerale. In ogni caso l’idea è nata negli USA e infatti sono tra i più grandi consumatori di acqua in bottiglia come abbiamo già visto in un precedente articolo.
Come è nata la bottiglia di plastica, e com’è entrata nelle nostre case? Nel 1973 il signor Nathaniel Wyeth brevetta la bottiglia in plastica PET e comprende la potenzialità che avrebbe avuto sul mercato alimentare: avrebbe ridotto i costi delle aziende legati all’acquisto del vetro con la sostituzione completa a favore della plastica delegando lo smaltimento della bottiglia all’utente finale e istituendo quindi il vuoto a perdere.
Sempre negli anni ’70 l’azienda francese Perrier investì grandi quantità di denaro per una campagna pubblicitaria rivolta agli USA riguardante la loro acqua effervescente: venne venduta come un lusso imperdibile. La combinazione vincente per l’avvento della bottiglia d’acqua in plastica fu grazie a tre fattori: la campagna di marketing di Perrier (che ebbe successo), la bottiglia in plastica di Wyeth, e Usa prima potenza mondiale, trascinatore dell’economia e delle mode di quei tempi. Questi tre fattori resero l’acqua in bottiglia di plastica un oggetto comune in tutte le nostre case. La strategia di marketing che ci sta dietro è racchiusa nei seguenti punti:
- Contrapporre l’acqua trasparente in bottiglia alle bibite gassate colorate anziché all’acqua di rubinetto.
- Immagine sull’etichetta evocativa: una sorgente, una montagna, qualcosa che ricordi la purezza naturale.
- Usare la paura come motivazione per cambiare scelta: insidiare dubbi sulla qualità dell’acqua del rubinetto.
- Fare appello allo status: comprare una determinata tipologia di acqua ti mette in una condizione di “diversità sociale” come è successo per la Perrier.
- La bottiglia in plastica viene associata all’uso privato, personale, comodo da trasportare ovunque.
Il risultato è evidente tutt’oggi, dato che in Italia spendiamo una media di 200L in bottiglia di plastica e siamo il primo paese europeo consumatore di acqua in bottiglia.
Ora che sapete quali leve emotive vengono usate per favorire l’acquisto della bottiglia di plastica, potete prenderne il controllo e fare scelte d’acquisto più consapevoli, non soltanto per l’acqua ma anche per la plastica in generale. Se questo non fosse sufficiente magari la prossima volta vi darò altre informazioni. Commentate, mettete like, iscrivetevi al mio canale di Youtube, seguitemi su Instagram e su Facebook.