ORRORI ED ERRORI UMANI SUL CICLO IDROLOGICO
Nell’ultimo articolo ho spiegato 4 conseguenze dei gas serra sul ciclo idrologico ovvero risposte naturali alle nostre azioni, e quindi, sono causate dall’inquinamento indiretto dell’uomo.
In questo articolo desidero mettere a fuoco le azioni umane che, invece, agiscono direttamente sull’inquinamento del ciclo idrologico e le conseguenze immediate. Se ne potrebbero elencare un’infinità, ma ne elenco 4, ossia le più pertinenti al tema dell’acqua.
- Scarti industriali. Prevalentemente in forma liquida e possono andare ad inquinare direttamente per errore umano non solo i fiumi ma anche le falde acquifere del ciclo idrologico. Cito il tristissimo esempio, che mi riguarda personalmente, dell’inquinamento da PFAS (sostanze idrofobe usate nella conceria delle pelli e nelle pentole anti-aderenti): le aziende a monte di una falda acquifera nel vicentino hanno riversato nel sottosuolo quantità talmente elevate di PFAS da creare un disastro ambientale. Sono migliaia le persone in Veneto che hanno nel sangue quantitativi sopra lo standard di Legge (5nm per litro) e per qualcuno ci sono state varie ripercussioni sulla salute. Questa sostanza è finita ovviamente nella nostra filiera di alimentazione, nelle coltivazioni e negli allevamenti locali. A peggiorare la situazione è il riciclo naturale delle acque sotterranee che, se ricordate, hanno una velocità di movimento molto inferiore rispetto a tutto il ciclo idrologico e per questo il risanamento della falda richiede moltissimi anni. Al problema del PFAS vi ricordo che la soluzione (almeno per l’acqua) è un depuratore e vi invito a rivedere il seguente articolo: https://www.dalmarbozzo.com/2020/07/04/vuoi-migliorare-la-qualita-della-tua-acqua-potabile/ .
- Il prelevamento delle acque sotterrane. Se ricordate bene nell’articolo in cui spiego la differenza tra acqua potabile e minerale (https://www.dalmarbozzo.com/2020/06/20/ti-fidi-dellacqua-che-bevi/), quelle minerali possono essere sia di fonte sorgiva (cioè fuoriuscite naturalmente da un terreno) che di fonte sotterranea (prelevate da falde acquifere). Quando si prelevano dalle falde troppi metri cubi di acqua al secondo tramite pompe idrauliche e senza studiarne l’effettiva capacità e portata, c’è il grave rischio di ridurre notevolmente la superficie stessa della falda, poiché l’avvallamento creato dal sistema di pompaggio si deprime sempre di più fino al collasso della stessa. Qui l’uomo va ad influire direttamente sul bilancio idrico locale del ciclo dell’acqua, rallentando ulteriormente, o addirittura eliminando, gli spostamenti d’acqua sotterranei.
- Una delle cose più brutte e disastrose che possono accadere in mare è l’inquinamento per la perdita di petrolio. Premetto che non è mia intenzione fare la morale su se sia giusto o sbagliato estrarlo; voglio concentrarmi, invece, sugli effetti che l’oro nero causa una volta riversato nei nostri mari. Il petrolio è la morte nera di un interno ecosistema locale: a contatto con l’acqua del mare crea una pellicola impermeabile all’ossigeno che soffoca letteralmente la vita marina sottostante impedendone lo scambio tra fauna e superficie. Se poi gli animali ci entrano a contatto diretto si innescano una serie infinita di problematiche di salute, riducendo drasticamente la loro capacità di sopravvivenza. L’acqua, seppure è il miglior solvente in assoluto, con una presenza massiccia di petrolio, non ha abbastanza velocità depurativa da smaltirne gli effetti e quindi in queste circostanze si richiede l’intervento di altre risorse (sia economiche che umane) per tamponare il problema, che a volte può durare per mesi. Purtroppo si stima che ci siano perdite di petrolio annue intorno ai 4 milioni di tonnellate.
- Inquinamento plastico. Come ho già spiegato ci sono vari tipi plastiche e in questo caso conviene semplicemente distinguerle tra quelle che galleggiano o meno. Quelle che galleggiano diventano una base fertile per le alghe: la fotosintesi, processo vitale delle alghe, è uno scambio energetico tra clorofilla (contenuta nei sali minerali marini) e luce solare ma essa avviene maggiormente su superficie solide. Quindi la presenza di plastiche galleggianti in mare diventa l’ambiente ideale per la creazione di alghe che comporta da una parte un miglior assorbimento dell’anidride carbonica ma dall’altro comporta un maggior consumo di ossigeno e quindi un impoverimento di specie marine. La plastica che non galleggia, ha maggior possibilità di diventare una serie di trappole micidiali per gli abitanti dei fondali: non solo perché fungono da vere e proprie restrizioni fisiche impedendone la libertà di movimento, come possiamo vedere in numerose immagini strazianti, ma anche perché hanno la particolarità di disgregarsi in microplastiche che vengono facilmente ingerite dai pesci interferendo quindi con le loro funzioni vitali; se poi la fauna ittica inquinati da microplastiche viene pescata, finisce tragicamente nei nostri stomaci e buon appetito a tutti!
Come avete capito la scarsa gestione dei rifiuti umani spesso può portare ad un grave inquinamento delle acque. Se le aziende e i Governi non danno indicazioni più trasparenti o non comunicano in modo più efficace con i consumatori su come smaltire i rifiuti, è probabile che a pagarne il prezzo, in tempi brevi, sia l’ambiente: un consumatore se non comprende dove gettare il rifiuto è probabile che lo smaltisca in modo scorretto e in quel momento è molto più facile che possa raggiungere corsi d’acqua, prima e, da ultimo, viaggiando tramite le correnti marine a distanza di chilometri dal punto di partenza, i mari. Una conseguenza evidente è, ad esempio, l’isola dei rifiuti (The Trash Island) a largo del Pacifico: si stima che abbia un’estensione minima di 700.000 kmq per un totale di 3 milioni di tonnellate di plastica.
Questo mio secondo intervento sul tema del ciclo idrologico ha lo scopo di rendervi più consapevoli delle vostre azioni e di sensibilizzare l’importanza del sistema idrico della Terra: comprendere il suo delicato equilibrio significa fare scelte eco-friendly e salvaguardare l’ambiente!
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